" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

martedì 27 ottobre 2009

Il vecchio Clint di fronte al male


Da Confronti, Gennaio 2009)

Siamo a Los Angeles, nel pieno rigoglio di quegli anni venti che già facevano presagire la crisi economica del 1929. A Christine Collins (Angelina Jolie) , una madre apparentemente conformista e senza grandi ideali, viene rapito il figlio. Dopo un periodo di ricerche angosciose, il piccolo ritorna a casa, ma la donna si rende subito conto che qualcosa non funziona: la ragione e l’ istinto le dicono che quel ragazzo non è il suo. Inizia da qui una lunga battaglia, caratterizzata da orrore e speranza insieme, che metterà in durissimo contrasto la madre con le autorità ( polizia, e magistratura): queste tendono ovviamente a rassicurare la pubblica opinione e a considerare chiuso il caso.

La lotta di una madre
Changeling, l’ ultimo film di Clint Eastwood è tratto da una storia vera, ma viene rielaborata dal regista in piena sintonia con le sue scelte creative, che ricollegano questa vicenda alle sue ultime straordinarie opere: Mystic River e Million Dollar Baby.
I motivi ispiratori di questa storia d’ una infanzia violata sono almeno tre. Il primo è una lettura acuta e straordinariamente sensibile dell’ “ amore materno”, analizzato senza retorica, ma con un’ attenzione struggente ai moti dell’ animo di una madre che vive la ferita della perdita del figlio. Ma è anche qualcosa di più della semplice esaltazione del sentimento materno ( peraltro mai banale).
Nella lunga battaglia per ritrovare il ragazzo, Christine vede messa in discussione la sincerità del proprio sentimento ed offesa la propria dignità di donna. Viene accusata di immoralità da chi usa l’ipocrisia moralistica per nascondere colpe sociali assai più gravi. Il quadro che Eastwood ci delinea dell’ America degli anni venti è agghiacciante. Medici, poliziotti e uomini politici delle istituzioni sono rappresentati con una ferocia resa ancora più efficace dallo stile del regista: severo, rigoroso, sino al limite dell’ ascetismo narrativo.

Il male, tra la storia e la nostra mente
Al ritratto di una donna, che afferma la propria autonomia, e alla denuncia sociologica e morale della corruzione politica si affianca un terzo elemento, che è sempre più presente negli ultimi film del grande regista americano: quello etico- religioso, che si accentra intorno al rapporto tra la presenza del male e l’ oscurità dei segni di una possibile presenza provvidenziale.
Alla violenza del potere, determinata e identificabile, se ne affianca un ‘altra, più oscura e minacciosa, quella della violenza sadica sui ragazzi, senza motivazioni plausibili e quindi ancora più terribile. E’ il tema del male che in vecchiaia sembra tormentare Eastwood e lo fa interrogare in modi sempre più dolorosi.
Il regista sembra dirci: le colpe politiche e sociali si possono combattere, si può avere speranza in un mondo più giusto, come invoca in questo film la straordinaria figura del pastore presbiteriano: a lui è affidato il lieve alito di fiducia nel futuro che il film solleva alla fine.
“ La provvidenza si manifesta in forme oscure” ( cito a memoria) dichiara ad un certo punto un personaggio del film. A questa fiducia fa da controcanto disperato un’ impasto di menzogna e sadismo, che sembra condannare una gran parte degli esseri umani ad una violenza senza fine. Tra queste due polarità di luce e di buio si muove un film di incredibile bellezza, che – malgrado qualche lieve sbavatura- stupisce per la sua austera classicità. Da non perdere.

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